Perché “Gente in guerra”?
Perché ho iniziato a raccogliere storie semplici di persone semplici, storie che non si leggono nei libri di storia?
Mio padre ha partecipato alla Resistenza e spesso mi raccontava episodi che gli erano capitati insieme ad altri suoi compagni. Io ne ero affascinata e lo ammiravo per la sua costanza nel partecipare, per quanto possibile, alla commemorazione di anniversari che ricordano fatti e luoghi in cui sono morti partigiani o civili, soprattutto nelle nostre valli, ma non solo.
L’idea di raccogliere queste testimonianze mi è stata suggerita però da un amico, David, lontano da qui, durante un soggiorno come volontaria in Uruguay, dove seguivo bambini e ragazzi in un quartiere povero di Montevideo. I genitori di David Baret, emigrati in America del Sud, erano originari di Pomaretto, ma non siamo parenti, pur con lo stesso cognome; lui amava comunque chiamarmi “cugina”. David sentiva un forte legame con le nostre valli, dove aveva soggiornato per un periodo come studente in teologia e quindi si interessava anche alla nostra storia.
Al mio ritorno, con l’aiuto di un altro pastore uruguaiano in servizio a Pomaretto, Miguel Anguel Cabrera, ho registrato su di una cassetta i racconti di mio padre che sono così rimasti; pochi anni dopo lui ci ha lasciati ma la sua voce è rimasta dentro di me come un ricordo prezioso.
L’idea poi di raccontare le testimonianze di guerra su “La Valaddo”, raccolte in “Gente in guerra”, mi è stata suggerita da Claudio Tron a cui mio suocero, Alberto Barus, aveva dato uno scritto, elaborato da qualche conoscente, con il racconto della sua vita militare in Iugoslavia e della sua prigionia in Germania; a noi non aveva mai parlato di quel periodo della sua vita. Un giorno ho detto a Claudio: «Potresti scriverlo su “la Valaddo” » e lui mi ha risposto: «Ma io scrivo già altre cose, potresti farlo tu ».
Ed è così che ho iniziato a cercare testimonianze di partigiani, di staffette, di casalinghe, di contadine e anche ricordi di bambini. Mi piace continuare in questa ricerca finché trovo ancora persone che possono raccontare queste loro esperienze o parenti che mi offrono epistolari da loro raccolti e conservati. Questa ricerca mi ha dato grande soddisfazione, soprattutto perché mi ha fatto conoscere persone nuove; le ho sentite raccontare con entusiasmo, con la voglia di comunicare i loro slanci giovanili, i loro ideali, ma anche le loro ansie e i momenti di paura mai dimenticati.
Ricordo con affetto tutte queste persone, purtroppo alcune di esse non sono più fra noi; rivolgo a loro tutta la mia gratitudine ed anche ai parenti che mi hanno offerto la loro collaborazione. Mi auguro che il sacrificio di partigiani, staffette e tanti altri non venga dimenticato e aiuti tutti noi a vivere nell’onestà e nel rispetto di tutti coloro che ci stanno accanto.
Marta Baret