La repubblica del sale

(1704-1708)

Può apparire strano e curioso che Luigi XIV, il famoso Re Sole, colui che esprimeva il concetto del più puro assolutismo monarchico nella frase “Lo Stato sono io”, sia stato anche il fondatore di una repubblica: eppure il fatto è reale, e tra il 1704 e il 1708 esistette la Serenissima Repubblica di San Martino, con capitale Perrero, più conosciuta col nome di Repubblica del Sale, per il motivo che vedremo, fondata proprio dal re di Francia.

Vogliamo brevemente presentare questo interessante episodio di storia locale.

Nel 1704 si era in piena guerra di successione di Spagna, e il Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, spericolato equilibrista politico, in tale circostanza aveva fatto uno dei suoi soliti voltafaccia schierandosi con Inghilterra ed Olanda contro la Francia: in quello stesso anno, sfruttando una volta di più l’interesse dei suoi alleati per la causa valdese, aveva stretto con essi un patto segreto, in cui si impegnava a concedere a tutti i Valdesi della Val Pragelato il rientro nella loro valle, se essa fosse stata conquistata e tolta alla Francia con l’aiuto degli alleati stessi; dal loro canto Inghilterra ed Olanda versavano al Duca di Savoia una forte somma per le spese di guerra. Gli accordi del 1704 furono poi abilmente elusi dal Duca di Savoia e la Val Pragelato passò nel 1713 dal regime di intolleranza francese a quello Sabaudo.

Senonchè Vittorio Amedeo II vide un po’ alla volta i suoi stati occupati dagli eserciti nemici, e la situazione dello stato sabaudo corse gravi rischi almeno fino alla famosa battaglia di Torino (1706) vinta da Eugenio di Savoia, e ben nota per l’episodio di Pietro Micca, e la successiva costruzione della basilica di Superga come ex-voto del Duca di Savoia.

Nel giugno del 1704 il Duca De La Feuillade, comandante dell’esercito francese, occupava Susa e si presentava minaccioso alle porte di Torino: ma prima di procedere alle operazioni, egli volle assicurarsi le spalle, ed in particolare premunirsi da eventuali attacchi delle truppe valdesi, conosciute per il loro ardimento. Sembra però che proprio da parte valdese fosse già pervenuta al comandante francese una proposta “de se mettre en République sous la protection du Roi”: non abbiamo nessun altro documento che ci provi il fatto, ma non c’è da stupirsi se i Valdesi in un modo o nell’altro cercassero di tenere lontana la guerra dalle loro valli, ancora sofferenti e danneggiate dalle vicende degli anni precedenti.

Il La Feuillade pertanto, scendendo attraverso la Val Pragelato, il 27 giugno arrivava a Perosa, mentre quattro colonne dei suoi uomini convergevano da diverse parti sulle Valli Valdesi, per costringere gli abitanti a venire a patti.

In Val Germanasca vi erano poche milizie valdesi, al comando dei capitani Tron Poulat, Bertoch, Grill e Vilerm, più disposti ad arrendersi e a trattare che a battersi; in Val Pellice le truppe del Duca di Savoia erano al comando dei due fratelli De St. Hippolite, camisardi venuti dalle Cevenne a combattere contro il loro re Luigi XIV, colpevole davanti ai loro occhi della revoca dell’editto di Nantes e della continua intolleranza nei riguardi degli Ugonotti; anche il famoso capo camisardo Jean Cavalier passò qualche tempo nelle Valli con una sua compagnia a combattere a favore dei Savoia.

Da Perosa, il La Feuillade inviò un biglietto a quei di San Germano e un altro a quei di Val Luserna, dando quattro ore di tempo per mettersi ai suoi ordini; quelli della Val San Martino avevano già ceduto. I Valdesi di San Germano e di Val Luserna rifiutarono recisamente, ma non ebbero poi a subire nessun assalto e nessuna ritorsione, salvo qualche scaramuccia sulle alture della Vaccera, mentre rinforzi di truppe ducali giungevano nella valle; intanto gli abitanti della Val San Martino furono forzati ad accettare le condizioni poste dal generale francese.

Il trattato che doveva sancire la nascita della “Serenissima Repubblica di San Martino” fu concluso il tre luglio al campo francese di Perosa con una premessa in cui “les chefs, anciens, conseillers, capitaines, de la Vallée de S. Martin, Pomaret, Envers Pinache, Chenevières, catholiques et religionnaires supplient très Humblement S.M.T.Ch. de les recevoir sous sa pouissante protection, et celle des Rois de France et successeurs”. Seguivano in 8 articoli le condizioni costitutive della Repubblica, piuttosto scarse e ridicole: le eventuali leggi avrebbero dovuto essere presentate al Re ed approvate prima di diventare esecutive; vi sarebbe stata libertà di culto protestante, salvo per i rifugiati francesi; le truppe francesi avrebbero potuto transitare e soggiornare nella valle; i nuovi repubblicani avrebbero avuto il privilegio di avere il sale a Perrero a due soldi la libbra.

Quest’ultima concessione fece si che lo staterello venisse chiamato la Repubblica del Sale.

Il trattato fu mandato a Versailles e il 25 luglio Luigi XIV vi opponeva la sua autorevole firma.

Osserviamo a questo punto che probabilmente al gran Re Sole sfuggì il ridicolo della sua firma su un atto che riconosceva una repubblica di tre o quattromila abitanti, e che forse egli ignorava in quale punto della carta geografica andasse collocato lo Stato alleato. Il gioco fu fatto tutto dal La Feuillade che voleva allargare la testa di ponte francese in Piemonte accanto all’alta valle di Susa e alla Val Pragelato: e così venne anche fuori dalla nuova situazione la contraddizione per cui Luigi XIV, revocatore dell’editto di Nantes, concedeva la libertà religiosa ai Valdesi; e ancor di più il fatto che nelle due valli adiacenti, Val San Martino e Val Pragelato, la prima godeva della libertà di culto, mentre nella seconda esso era proibito.

La Repubblica comprendeva tutta la Val Germanasca fino a Pomaretto compreso, e l’Inverso Pinasca con Chenevières; la Capitale del minuscolo stato fu Perrero. Tutto questo territorio durante gli anni 1704-1708 fu sottoposto a continue e diverse occupazioni militari; quando non c’erano i francesi, li sostituivano le milizie pragelatesi, e alla partenza di queste ritornavano ancora le prime; con quanti benefici per le popolazioni locali, ognuno può immaginare, A difesa dei colli Giuliano e di Abries il La Feuillade fece eseguire fortificazioni nello stesso anno 1704; e ancora in settembre fece “raser les bois” da Perosa a Inverso Pinasca, con lo scopo evidente di sorvegliare meglio questo fianco della valle.

In agosto sempre del 1704 tutti gli abitanti della Val San Martino ricevettero l’ordine di mettersi in salvo con il loro bestiame e masserizie nella Val Chisone: questa evacuazione durò una settimana mentre la valle rimaneva in balia dell’esercito.

Se la permanenza delle truppe nella valle riusciva di grande danno alle varie comunità, anche dal punto di vista religioso la situazione prese un andamento pessimo: il culto e l’insegnamento religioso furono trascurati, poiché i pastori furono costretti ad abbandonare le loro parrocchie, tanto che l’unità delle Valli Valdesi parve ad un certo punto spezzata, e la Chiesa Valdese temette di aver irrimediabilmente perso le comunità della valle, abbandonate all’incuria religiosa. Il pastore di Praly aveva dovuto abbandonare la parrocchia ed era stato nominato cappellano della compagnia volante dei Valdesi di Val Luserna; i pastori di San Germano e Pramollo comparivano solo più di quando in quando nelle parrocchie.

Dopo il febbraio 1708, cioè negli ultimi mesi di vita della Repubblica, due candidati in teologia, Pietro Leydet e Giovanni Malanot, nonostante l’espresso divieto delle autorità ecclesiastiche, accettarono l’invito di tale Giovanni Reynaud Fiorin, che ricopriva non si sa quale carica nella Repubblica e si trasferirono colà per soddisfare ai bisogni religiosi della valle: il Leydet ebbe la parrocchia di Massello e Maniglia.

La Repubblica divenne anche asilo di malfattori di ogni risma e di ogni religione: vi regnava una vera e propria anarchia e una grande confusione: essa fu “Serenissima” soltanto di nome.

Della vita interna, dei nomi dei personaggi della Repubblica del Sale, non ci è rimasto nulla, a meno che gli archivi di Parigi conservino qualche documentazione. Può darsi che Gaspare Chiabrando, “secretario pubblico” come veniva chiamato, fosse il capo del minuscolo staterello, circondato dai fratelli Giacomo, Giovanni e Filippo Peyrot, Nicola e Matteo Bernard, nomi che ritroveremo.

Nell’agosto del 1708 anche la Val San Martino veniva riconquistata dal duca di Savoia senza alcuna difficoltà: ormai disgustati della loro indipendenza, i repubblicani scelsero come partito migliore il chiedere perdono a Vittorio Amedeo II. I notabili, dopo essersi umiliati davanti al generale Rebhinder, si presentarono penitenti al campo ducale di Balboutet, presso Usseaux, guidati appunto dal “secretario pubblico della Serenissima Repubblica”.

Il perdono ducale fu concesso, previo giuramento di fedeltà nelle mani del governatore delle Valli, e la promessa di servire fedelmente da allora in poi il governo sabaudo. Era il 17 agosto 1708: quindi la Repubblica non aveva ancora contato cinquanta mesi di esistenza… Vittorio Amedeo faceva grazia a quanti erano stati implicati nell’“enorme crime di ribellione” ed erano già fuggiti temendo la sua giusta vendetta, escludendone però alcuni, e precisamente i fratelli Peyrot e Bernard, “capi dalla sovraccennata ribellione”.

Negando loro la grazia Vittorio Amedeo li condannava automaticamente all’esilio, e forse essi si adattarono a tale sorte, meno Matteo Bernard, di Rodoretto, capitano, il quale fu catturato e nell’ottobre dello stesso anno condannato a morte a San Secondo di Pinerolo, senza aver avuto negli ultimi momenti l’assistenza religiosa.

A fine mese il Duca inviava poi nella valle un suo commissario per rimettere ordine.

Anche la Chiesa Valdese, nel sinodo del 23 ottobre prendeva provvedimenti per il ritorno alla normalità nelle parrocchie dell’ex Repubblica. Il Malanot per avere esercitato funzioni pastorali ed amministrato battesimi contro espressa volontà sinodale riceveva una “vive censure”; avrebbe dovuto riconoscere i suoi errori e sottomettersi in seguito ad un severo esame di pastori prima di poter essere nominato titolare di una chiesa.

Le colpe di Leydet, identiche a quelle di Malanot, furono giudicate meno gravi, poiché egli presentò delle testimonianze in suo favore e gli fu concesso di poter predicare.

Anche le chiese della vale furono rimproverate per la loro leggerezza: e venivano inoltre dichiarati nulli i battesimi amministrati da Leydet e Malanot: i bambini dovevano essere ribattezzati, sotto pena per i genitori di essere sospesi dalla Santa Cena. Il Reynaud Fiorin, considerato responsabile di aver convinto i due candidati a esercitare il ministero, fu pubblicamente censurato ed escluso per sei mesi dalla comunione.

Lentamente la situazione si normalizzò e della Repubblica di San Martino non rimasero che pochi documenti d’archivio ed il nome di Repubblica del Sale.

Augusto Armand Hugon

Tratto da: Val Cluson – Usseaux – 1980, a cura di Mauro Maria Perrot, dedicato alla memoria del professore Augusto Armand Hugon (con autorizzazione)


Nota:

L’argomento è stato trattato da Guido Baret in:

- Së Trèi Aval parlése…GBF Grafica Valchisone, Perosa Argentina, dicembre 1995, pp. 45-48

- La Valaddo, n° 4, dicembre 1996, fascicolo n° 94, pp. 5-6

- Da Trèi Aval â Bèc Delfin e â Barifrèit, GB Grafica Valchisone, Perosa argentina, maggio 1997, p. 35