Il costume Valdese (o della Val San Martino)

Questo costume, oggi noto come “costume valdese” era, nei secoli scorsi, utilizzato da tutte le donne delle Valli Pellice e Germanasca senza avere alcuna connotazione religiosa: era semplicemente l’abito della festa con il quale si partecipava ai vari avvenimenti della comunità e ci si recava al culto. Con l’andar del tempo il vestito quotidiano segue l’evoluzione della moda mentre l’abito festivo, abbandonato dalla comunità cattolica, rimane in uso nella comunità valdese che offre le occasioni per indossarlo (Festa del 17 febbraio, Confermazione), diventando uno dei simboli di una minoranza religiosa.

Gli elementi che lo caratterizzano sono:

    • l’abito, detto cotto, in tessuto di lana per l’inverno e di cotone per l’estate, a volte in tessuto damascato, con il corsetto attillato ed abbottonato sul davanti, il colletto alto solitamente ornato di seta bianca o valencienne, maniche piuttosto larghe ma strette al polso, la sottana ampia plissettata sul retro ed unita al busto con pieghe regolari; è lungo fino alle caviglie.
    • la cuffia, detta cuffio, ha origini medioevali e spesso viene tramandata all’interno della famiglia, di madre in figlia. È composta di tre parti: una anteriore, in pizzo valencienne lungo 7 metri e tutto pieghettato , inamidato ed increspato a cannoncini; una intermedia fatta di stoffa leggera o di tulle, ed una terza dello stesso tipo di tessuto, destinata a racchiudere i capelli annodati. Un nastro di seta bianca , annodato con un fiocco dietro la nuca, completava la cuffia che è bianca se viene indossata dalle donne oltre i diciotto anni di età, mentre è nera se viene indossata dalle bambine.
    • lo scialle, detto mouchòou, è in lana o seta preferibilmente bianca o nera con ricami floreali e lunghe frange, ma si possono anche trovare scialli in seta damascata con tinte vivaci e sgargianti; lo scialle viene trattenuto da un fermaglio detto bluocco posto sul petto.
    • il grembiule, detto foudiel, in seta cangiante, quasi sempre scuro, è ampio e poco più corto del vestito.
    • le calze, dette ciaousa, sono in lana e quasi sempre nere.
    • le scarpe, dette choousìe, sono zoccoli fabbricati artigianalmente ed hanno tomaia di cuoio e suola di legno chiodata.
    • i mezzi guanti, sono confezionati all’uncinetto o ai ferri con lana o cotone, e sono generalmente neri.

Gli ornamenti in oro erano piuttosto rari , sia per le modeste condizioni economiche di questa gente di montagna, sia per la sobrietà dettata da motivi di ordine religioso. Era comunque uso comune indossare la croce ugonotta legata al collo con una catenella. La tradizione vuole che questo ciondolo sia stato creato da un’orafo di Nîmes nel 1688, successivamente questa croce è stata il segno di riconoscimento degli Ugonotti, cioè dei protestanti francesi, a partire dal XVII secolo. Oggi è diffusa in tutto il mondo protestante ed è costituita da una croce di Malta o di Provenza, le cui quattro braccia di lunghezza uguale sono collegate da una corona con i gigli di Francia; reca appesa una colomba con le ali spiegate (intesa come segno dello Spirito Santo) oppure un ciondolo a forma di lacrima o di lingua di fuoco (a rappresentare la fiamma dello Spirito Santo della Pentecoste, scesa sul capo dei discepoli). Su ogni punta delle quattro braccia della croce campeggia un bocciolo a cui possiamo dare il significato di una perla di luce: verso i quattro punti cardinali si irradia la luce dell’Evangelo.

   

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