La Croix de Toulouse (I parte)

(articolo tratto dal numero 138 - Dicembre 2007)

 

Durante un tranquillo viaggio in automobile lungo le strade del dipartimento del Gard, avevamo appena lasciato Avignone e la Provenza e oltrepassato il Rodano, per dirigerci verso Nîmes, dove si doveva partecipare ad un matrimonio, quando un nostro amico delle alte valli piemontesi, che era con noi, esclamò: “"Guarda, guarda! Da queste parti sventolano bandiere rosse con croce occitana persino nelle aree autostradali?”"  Avevamo giusto superato il confine della regione Midi-Pyrénées, di cui la famosa croce è diventata l’emblema, per impulso di Dominique Baudis.

Qualche tempo dopo, un amico proveniente dalla Francia manifestava il proprio stupore per il fatto che questo stesso blasone lo accogliesse anche sul Colle dell’Agnello: “"Ma, Casteldelfino è stato un feudo della lontana Aquitania?”" Quante volte è stato necessario spiegare che questo simbolo, di origine celtica, secondo altri di origine greca e per altri ancora copta (egiziana), riappare nel 972 come emblema della Casa di Venasque, ai piedi del Mont Ventoux (regione di Avignone), nel 1043 come emblema dei Marchesi di Provenza, per passare ai Conti di Tolosa dal 1194 in poi?

Esso figurerà sullo stemma di questa città nel XIII secolo, quindi su quello della regione Languedoc-Roussillon dal XIV al XVIII secolo. Attualmente, la croce costituisce il blasone ufficiale di Tolosa e della regione Midi-Pyrénées, nel quale compare assieme al giglio di Francia.

A poco a poco, essa è stata poi adottata come emblema dell’Occitania e, a parte qualche dettaglio, come simbolo della scuola “occitanista”, le cui teorie non sono unanimemente accolte, specialmente a causa di contrasti esistenti tra le diverse visioni del provenzale e della sua scrittura.

Nel mese di dicembre 2006, anche in un articolo pubblicato su “Lou Temp Nouvel” (n° 61), rivista ben nota per la sua serietà, si esprimeva preoccupazione per le confusioni nate dall’utilizzo di questo simbolo, introdotto recentemente nelle valli del Piemonte. Oggi è giocoforza constatare che questo nobile grande albero poteva produrre troppi frutti differenti; pertanto, si rende necessario un chiarimento obiettivo.

Escludendo naturalmente ogni considerazione d’ordine esoterico o di parte, conviene precisare in primo luogo che nessuna fonte ufficiale consultata stabilisce un legame tra questo simbolo e il catarismo, contro cui fu compiuta una sanguinosa crociata che causò la rovina della regione Languedoc-Roussillon nel XIII secolo. Tutte le fonti sono concordi nell’osservare che “questa religione eretica proibiva ogni simbolismo, fosse anche la croce, perché non si adorasse una immagine al posto del vero Dio”. Per quanto concerne la lingua d’Oc (o provenzale in senso lato), si impongono anche alcune definizioni. La classificazione delle lingue europee fu stabilita in primo luogo dallo stesso poeta italiano Dante Alighieri. Basandosi in particolare sul modo di pronunciare Ad Hoc (sì, in latino), questo grande erudito distingueva in Francia la lingua d’Oïl, a nord del fiume Loira, dalla lingua d’Oc a sud, pur sapendo che tale denominazione molto generale non doveva mascherare la grande varietà degli idiomi di cui si componeva. A est, questa zona di contatto è materializzata dall’alveo un tempo paludoso del fiume Po.

Stando al dizionario della lingua francese Lexis Larousse, opera assolutamente obiettiva, il termine “Occitano”, la cui “croce” vorrebbe essere un segno forte, deriva dal latino medioevale “Occitana” e avrebbe origine dalla latinizzazione dell’espressione Langue d’Oc.

Questo termine, impiegato sin dalla prima metà del XX secolo, indica “l’insieme dei dialetti della lingua d’Oc e più particolarmente l’antico provenzale o lingua dei Troubadour”. L’Occitano così chiamato, o lingua d’Oc, o anche provenzale in senso lato, nel Medio Evo fu una grande lingua di cultura, con i suoi poeti “trovatori”.

Relativamente unificato a quel tempo, poi costretto a confrontarsi con il frazionamento dialettale, nel XIX secolo ha iniziato con il Felibrismo di Frédéric Mistral un movimento di rinascita che continua tuttora e il cui scopo consiste nel “raggruppare e incoraggiare quanti, con le loro opere, salvano la lingua d’Oc”.

Si distinguono in questo campo tre grandi aree dialettali: Il Nord Occitano (Limosino, Alverniate, Vivaro-Alpino, detto Gavot o Provenzale Alpino), l’Occitano Medio, che è il più simile alla lingua medioevale (Linguadociano o Provenzale in senso stretto) e il Guascone, a ovest del fiume Garonna.

I Felibri distinguono “il Limosino, l’Alverniate, il Linguadociano e il Provenzale”.

Ma che cosa ne è della nostra “croce”?

Il Sito Internet del comune stesso di Tolosa spiega che “la croce della regione Languedoc, denominata anche croce occitana, pare abbia origini molto antiche. Si ritiene che tale croce con dodici punti terminali sia stata il simbolo di un popolo gallico insediatosi nel III secolo a.C., i Volci, costituiti da due gruppi – gli Arecomici e i Tectosagi – che si stabilirono rispettivamente nella regione di Narbonne ed in quella di Nîmes. Questo emblema è stato oggetto di numerose ipotesi sul suo significato simbolico. Occorre immediatamente precisare che non ha nulla a che vedere con l’iconografia cristiana. Il simbolo della croce sembra essere solare: i quattro bracci rappresentano le quattro stagioni e ogni punto raffigura un mese dell’anno, ma anche uno dei segni zodiacali. Questi ultimi sono però scomparsi a poco a poco, affinché la croce potesse connotarsi di un simbolo cristiano.

Caduta in disuso, dato il suo marcato particolarismo regionale, la croce della regione Languedoc è stata riabilitata da Dominique Baudis, che ne ha fatto il simbolo della regione Midi- Pyrénées e del comune di Tolosa”. Secondo altre fonti, questa croce avrebbe invece origine “negli anni 300 d.C., quando dei soldati romani, tutti cristiani, originari di Tebe in Egitto, dopo aver domato una rivolta di contadini “Bagaudi” nel sud-est della Gallia, si rifiutarono di sgozzare i prigionieri per sacrificarli: la legione tebaica recalcitrante fu allora giustiziata. Le popolazioni locali, impressionate da questo fatto, adottarono come simbolo della loro nuova fede cristiana l’emblema della legione tebaica, cioè la croce copta trifogliata. Verso il 300 d.C., l’imperatore romano cristiano Costantino fece adottare il monogramma di Cristo (il “labarum”) in tutto l’Impero; la Chiesa di Costantinopoli, città che era divenuta la nuova capitale, trasformò allora la croce copta trifogliata in croce trinitaria, detta appunto croce di Costantinopoli. Negli anni 500 d.C., i partigiani di Nestorio, dissidente della Chiesa di Costantinopoli, fecero compiere un’ulteriore evoluzione nella grafica di questa croce e la esportarono fino in Cina… In quegli stessi anni, i Visigoti e gli Ostrogoti, provenienti dall’Oriente e cristianizzati da Ario, si stabilirono in Occidente: è possibile che essi abbiano contribuito alla propagazione della croce trifogliata o di quella di Costantinopoli (assieme alla croce patente dai bracci allargati).

Negli anni 1100, la croce di Costantinopoli fu ripresa e raffigurata – ma blu in campo giallo – nei sigilli dei conti di Venasque in Provenza, per diventare l’emblema dei marchesi di Provenza. Secondo una tradizione, fu questa croce che avrebbe aperto a Raymond De Saint-Gilles, conte di Tolosa, le porte di Bisanzio, città che da settecento anni inalbera una croce simile.”

(http://oc.land.free.fr)

Testo in francese di Jean-Luc Bernard
manteneire de la lengo prouvencalo

Traduzione di Ines Castagno

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