Il costume della Val Pragelato

Il costume femminile di Pragelato è sicuramente uno dei più ricchi di tutto il Piemonte; la sua origine si perde nel buio dei tempi, poichè di esso non si ha alcun riferimento storico.

Gli elementi essenziali di questo costume sono:

  • la cuffia , detta nel dialetto locale toqque, è il caratteristico copricapo che veniva indossato quotidianamente dalle donne del posto. La forma a ventaglio aperto è data da un’ anima di cartone molto spesso che viene poi foderata di stoffa di cotone o di seta damascata. Posteriormente la toqque è arricchita da nastri di seta o di velluto piegati a zig-zag che prendono il nome di ribòn a tavelle; anche anteriormente, nella parte della cuffia che incornicia il viso, vi sono dei nastri fissati a mo’ di nido d’ape detti ribòn a coucoun. Un grosso fiocco di fettuccia di lana, gònse, assicurato sul retro , scende fin sulle spalle; un altro nastro di identico colore , lungo 70 - 80 centimetri, è cucito ai lati della cuffia e viene tenuto di solito lungo la schiena o sul petto se deve trattenere la toqque in caso di vento. La barette è invece la cuffia per le grandi occasioni : matrimoni e feste patronali; ha la stessa forma della toqque ma è confezionata in organza azzurra o in lino bianco (nel caso di lutto) ed i pizzi che la ornano sono ricamati al tombolo . Sul retro al posto dei ribòn a tavelle c’è un grosso fiocco di seta bianca.
  • l’ abito, detto la robbe può essere di lana o di cotone a seconda della stagione in cui viene indossato ; è sempre in tinta unita, generalmente nero, ma anche marrone, verdone o blù. E' composto di corpetto, sottana ed ampie maniche che sono arricciate sulle spalle e terminano con polsini stretti ed alti, ornati con bordi di velluto. Anche la gonna, che è molto ampia, è arricchita sul fondo da nastri di velluto, detti coulia, il cui numero varia a seconda delle possibilità economiche di chi lo indossa ed a seconda della solennità della cerimonia. Sotto la robbe viene indossata una sottoveste di panno, a volte trapuntato, detta ganatsoun; essa è arricchita da nastri e passamanerie multicolori che richiamano le tonalità dello scialle. Dalla scollatura del vestito spunta poi un pizzo inamidato chiamato gourdzìere, che è praticamente il colletto di una camicia di lino bianca indossata sotto il corpetto.
  • lo scialle, detto moutsau, è uno dei pezzi più belli del costume; ha forma quadrata e si indossa piegato in diagonale fermandolo e arricciandolo porsteriormente con due spille, mentre sul davanti se ne fissano gli estremi ,in vita ,al nastro del grembiule. Gli scialli si differenziano tra loro in base al tipo di stoffa con cui sono confezionati e proprio per questo assumono i seguenti nomi:
    • moutsau d’la plaqque in tessuto di lana in tinta unita, finemente ricamato con fregi dai molti colori.
    • moutsau d’la roza in tessuto di lana con fiori, prevalentemente rose, stampati.
    • moutsau d’la vinga o de sei in tessuto di seta con fondo nero, o comunque scuro, e disegni in vario colore sempre molto sgargiante: rosso fuoco, verde smeraldo, arancione, blù, marrone o viola. Questi erano gli scialli più belli; venivano indossati durante le cerimonie più solenni e di solito facendo attenzione ai colori usati per i paramenti sacri con cui, nei tempi perticolari, venivano addobbate le chiese.
    • moutsau d’endiene in semplice tessuto di cotone con disegni floreali usato sempre nei giorni feriali.
    • foulard da lutto, tutto nero in caso di lutto stretto, oppure bianco e nero, blù , marrone, e marrone e bianco in caso di semi-lutto.
    • il grembiule, detto foudìel, deve essere dello stesso tessuto dello scialle e ne deve anche richiamare le tonalità di colore. E’ assicurato in vita con una apposita fettuccia ricoperta, nei giorni festivi, da un nastro, con bellissime decorazioni floreali, alto 10-15 centimetri i cui capi scendono davanti nel mezzo del grembiule stesso.
    • le calze nere di lana sono confezionate a mano nelle lunghe sere d’inverno, e vengono trattenute sopra al ginocchio con delle giarrettiere dette litsomba.
    • le scarpe nere fatte a gambaletto con suole spesso di legno.

Le donne pragelatesi indossavano anche preziosi gioielli d’oro, tramandati da madre a figlia, che costituiscono un vero patrimonio di famiglia. Il più importante è la croce d’oro che può essere in oro battuto crou martlo, o a griglia crou a grilhe. Essa è infilata o cucita su di una fettuccia di velluto nero che circonda il collo e dalla quale partono quattro nastri di raso nero che scendono lungo la schiena. Sempre sul nastro di velluto, proprio sotto alla gola viene cucito un gioiello d’oro detto plaqque; più sotto, tra la plaqque e la crou, è fissata una spilla anche in oro detta ipinhole. Un paio di preziosi orecchini, pendin, completava la parure.

Il costume fin qui descritto veniva indossato dalle donne dai 18 anni in sù le bambine (ed anche i bambini fin verso ai quattro anni) portavano abiti lunghi ornati da nastri di velluto sopra ai quali infilavano grembiuli di cotone con mamiche corteed ampie. In testa avevano la barette bòse una piccola cuffia ornata da nastri variopinti.

   

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